DIARIO 19.06.12 – La Staffetta della Pace: Riparbella – Pomaia ILTK
9° tappa, martedi 19 luglio ’12
Da Riparbella all’ Istituto Lama Tzong Khapa di Pomaia
Sono solo una quindicina di chilometri di strada asfaltata ma non trafficata. Mi preparo con calma. Lascio la chiave della palestra al bar che da poco aveva aperto. Indugio intorno ad un the nel guardare la carta come se avessi da esplorare una terra sconosciuta. La curiosità si volge nel cercare delle varianti per ‘semplificare’ una serie di tornanti che raddoppiano le distanze.
Sembra ormai di essere arrivati ma quel ‘breve’ tratto di strada nasconde svariate insidie. Nasconde, dietro ad un apparente falsopiano, una lunga salita che richiede una costanza all’apparenza non necessaria. Si lascia Riparbella – ‘Comune operatore di pace’ e se ne ritrova un altro Castellina Marittima anch’esso ‘Comune Operatore di Pace’. Verrebbe voglia di fermarsi per fare amicizia, ma ormai sento il profumo della meditazione salire dalla vallata e allora si prosegue.
Come un incenso acceso sulla collina trovo uno stupa. È in restauro. E’ lo ‘Stupa per la pace’ che ricorda, in diverse lingue e con diversi simboli, l’esigenza di un cammino spirituale comune verso quella meta condivisa. Su una stele che emerge da una statua del Buddha si legge: ‘Che la pace possa regnare sulla terra’. Mi siedo volgendo il mio sguardo lontano come se potesse anch’esso inviare il suo messaggio. I miei passi riprendono silenziosi, affinchè non venga leso quel messaggio appena letto. La bandiera che porto con me sa che è sono proprio quelle parole a dar senso alla nostra Staffetta.
Ormai la strada prende a scendere verso Pomaia. Un’interminabile serie di tornati e di curve che la rendono ancora irraggiungibile. “Eccola! Senz’altro è una scorciatoia” e così infatti si rivela, ma l’entusiasmo tradisce e il successivo sentiero scende sì … ma solo per risalire ad una abitazione. È meglio tornare sui miei passi, decido ora di seguire l’asfalto! Un’ultima salita, che mi sembra impervia, completa questo percorso … eccomi a Pomaia. Seguo la strada principale finchè trovo il bivio con la via che scende pian piano verso l’Istituto.
Sento in questi ultimi passi il peso di tutto il percorso e sento che in questo momento tutti i chilometri percorsi, tutte le colline salite e discese pesano su quei piedi che nonostante tutto riescono ancora a sollevarsi e protendersi in avanti con una leggerezza inaspettata che contraddice ogni sensazione del corpo. Per un attimo i giorni trascorsi scompaio dalla mia memoria e rimane il senso di un percorso di gioia e di purificazione che aveva bisogno del suo spazio e del suo tempo per ritrovarsi.
Risalgo quei pochi passi che portano all’Istituto e vi entro nell’anonimato che ogni viandante porta con sé. Cerco le mie amiche ma una riunione appena iniziata le tiene occupate. Attendere è ormai non diverso dal camminare, è essere. Depositato lo zaino, una meditazione camminata leggera leggera mi conduce alla Ruota delle Preghiere. E’ il segreto di cui Pomaia mi mette a parte ogni volta che vi giungo. So che in quel ruotare c’è un suono, una voce, un anelito e chissà quanto altro che si diffonde in ogni direzione senza ostacolo alcuno: ‘Che la pace possa regnare sulla terra’. È il sogno possibile di una realtà che lo nega.
La riunione è finita e trovo Tiziana che mi passa davanti senza salutarmi tanto è impegnata con un gruppo inglese giunto in visita all’Istituto. Sorrido sentendomi trasparente in questo mondo di pace e poi d’un tratto un abbraccio che dice ciò lo sguardo non vedeva.
Si fissa la camera in dormitorio, ci si prepara per il pranzo, ma attendo perché so che il mio pranzo è essere vicino ad un’altra cara amica conosciuta a Firenze a ‘Terra Futura’ durante gli intensi momenti promossi dal “Tempio per la pace”. Allora, con il suo insegnamento, ci parlava dell’immaginazione, di Tara, come possa aiutarci a superare gli ostacoli della nostra coscienza, e ora questa immaginazione è quella che sta dando forma al nostro incontro.
Giunge improvvisa, come se fosse uscita dalle mura stesse dell’Istituto. Chissà come possano incontri casuali tingersi subito con i colori dell’amicizia, più intensi di ogni bandiera di pace. Pranziamo insieme. È da quell’incontro a Firenze, qualche mese prima, che ci siamo conosciuti eppure si condivide un segreto che traspare dalla fragilità delle nostre parole. È il segreto di un anelito comune che cerca ogni occasione, anche la più banale con come una conferenza o una staffetta di pace, per prendere forma. Un accordo sottaciuto proteso a manter vivo il nostro sogno, quello che anima ognuno di noi attraverso il poliedrico gioco di specchi della nostra coscienza.
Nella mia visione ritrovo la ricchezza di quei lunghi seminari passati all’Istituto anni addietro. È l’incontro con una madre spirituale. Oggi, la Staffetta mi ha condotto proprio qui per aiutarmi a scorgere il senso di quella lontana frequentazione, di un impegno inconsapevole che ci ha portati a manter viva l’esperienza de La Pagoda. E’ un Dharma che riconosce il Dharma. L’insegnamento del Buddha che viviamo a La Pagoda trova, nella mia coscienza, l’inesauribile eco delle parole di saggezza che risuonano nell’Istituto Lama Tzong Khapa. Dai grandi Maestri fondatori, fino all’attuale Ghesce Tenzin Tenphel, dai numerosi monaci e laici che vi trasmettono, oggi come ieri, i loro insegnamenti non può che venirne un’essenza preziosa. Sta a noi saperla trasformare in uno spontaneo impulso a sostegno della pratica quotidiana e del vivere comune.
So che si può mantener vivo questo sogno, perché non ha radice nell’impermanenza, nel divenire, nel mutare delle cose, nell’io. È la naturale espressione del dharma, che rimbalza da cuore a cuore: ‘Che la pace possa regnare sulla terra’.
Nell’intensità del momento la macchina fotografica tace e anch’essa si inchina a quella bellezza e a quella serenità gioiosa, che a stento riusciamo a riconoscere dietro ogni esperienza, dietro ogni cosa.