Coltivare il rispetto, Tae Hye sunim – indicazioni di pratica
Indicazioni per la pratica di Dharma: ottobre 2014
Nel periodo dell’equinozio autunnale c’è il giorno mondiale dell’ambiente e a Musangam la festa degli animali. Il 2 ottobre è il giorno memoriale di Mahatma Gandhi. Molte persone vorrebbero un cambiamento radicale nel mondo. Quello è possibile solo se una gran parte degli esseri umani comincia a pensare con il proprio cervello, capire cause ed effetti e cambiare abitudini. Se il modo di pensare cambia dall’egocentrismo e antropocentrismo al biouniversale, cambieranno anche i principi etici.
La parola chiave è il rispetto. Rispettare gli altri esseri umani, tutti allo stesso modo: uomini e donne, tutte le razze, atei e credenti. Ma significa anche rispettare la natura, le piante, la vita degli altri esseri senzienti, i luoghi tenendoli puliti, la bellezza dell’architettura che è in armonia con il paesaggio…
E’ stato detto che “il piccolo è bello”. Non dobbiamo solo lamentarci e accusare i politici. La vita sana comincia dalle piccole cose concrete nella vita di ognuno di noi. Ogni singola azione quotidiana ha un significato. Dovremmo chiederci: faccio del mio meglio per rispettare gli altri e per parlare/comunicare in un modo costruttivo? Nei centri buddhisti faccio del mio meglio per sostenere l’attività, anche materialmente, e creare un’atmosfera armoniosa? Il mio stile di vita è abbastanza ecologico nel senso di rinunciare al consumismo, riciclare e risparmiare energia? Quando compriamo qualcosa, riflettere: “E’ necessario? E’ in armonia con l’ambiente? E’ stato prodotto in un modo etico?” Guardando in profondità della mente condizionata chiedere: “In me ci sono attaccamenti ai piaceri sensuali? Brama di essere qualcosa in particolare o di diventare qualcosa, avere potere? O ci sono istinti depressivi e autodistruttivi?”
Tutte le tendenze mentali che creano conflitti e sofferenze cominciano a diminuire quando noi comprendiamo che svolgiamo una piccola parte nel flusso vitale degli infiniti universi, che la nostra sofferenza è inseparabile dalle sofferenze degli altri esseri senzienti, che i fiori danno profumo e gioia e poi appassiscono per dare spazio ai nuovi fiori, e che nella meditazione possiamo toccare qualcosa che è al di là della mente chiacchierante, al di là di tutti i concetti, ineffabile. Con perseveranza, ma anche con onestà, farsi più spesso qualche domanda sulle proprie sane aspettative, per verificare se la strada che stiamo percorrendo va nella direzione giusta.
Fondamentale sarebbe avere una chiara percezione di cosa realmente ci è necessario e di quanta fiducia abbiamo nelle nostre possibilità. Se non sappiamo cosa vogliamo come facciamo a scegliere una direzione? Non è sempre necessario avere subito tutte le risposte, ma partire da un eventuale disagio con l’obbiettivo di capirne la causa può aprire il campo a riflessioni, domande che portano ad altre domande. Il ruolo della meditazione non è rispondere immediatamente a tutti questi quesiti, ma liberarsi progressivamente dalla zavorra della mente superficiale che pensa meccanicamente a cose futili.
Consiglio ai praticanti di riflettere ogni giorno nel mese di ottobre su queste parole del Buddha:
“Qual è, o amici, la nobile verità dell’origine del dolore? La brama (sete) che porta ad un’ulteriore esistenza, accompagnata da piacere e attaccamento, che si diletta di questa e quella cosa, ovvero la brama dei piaceri sensuali, la brama del divenire/essere qualcosa e la brama dell’annichilamento. O amici, questa è detta la nobile verità dell’origine del dolore.” (Saccavibhangasutta, Majjhima Nikaya 141)