20 feb h. 21.00 “Intenzione e volontà, tra fare e non fare” a Bibbiena
“I Venerdì di Bibbiena – Vivere meglio, un presente fatto di scelte” con il Patrocinio del Comune di Bibbiena
Venerdì 20 febbraio Ore 21.00 – 22.00 “Intenzione e volontà, tra fare e non fare”
conversazione condotta da Rodolfo Savini
presso il Centro Creativo Casentino Via Umbro Casentinese, 1 – Bibbiena (AR) – a 100 metri dalla Stazione di Bibbiena
info: www.lapagoda.org - info@lapagoda.org cell. 3293715815 – 3398273996
Quanti progetti perdono consistenza smarrendosi nel mondo fantasioso del sogno, quanti riescono a delinearsi per accorgersi poi di non avere radici, quanti al contrario creano l’ansia di un continuo correre. Quanti non hanno neanche la forza di nascere e quanti si realizzano spontaneamente come accadimenti che il tempo ci dona.
L’intenzione e la volontà sorgono dal terreno delle nostre motivazioni, dal senso che diamo al quotidiano. Ogni attività “tende a” e, qualunque sia il nostro atteggiamento, imprimiamo un segno della nostra presenza, sia facendo sia non facendo.
Nell’incontro saranno fatte oggetto di confronto alcune vie delineate in particolare dal pensiero buddhista, ma in generale da ogni “buon senso” che desideri trovare il linguaggio per essere presente nel grande flusso del divenire.
Sputi di riflessione
Nel Buddhismo il tema intenzione-volontà ci porta, lungo la via della tradizione Theravada a sottolineare lo sforzo, l’impegno, l’applicazione: “Con il termine samkappa si indica il proposito cosciente e deliberato di compiere un’azione. La retta intenzione consiste nell’investigazione, nell’analisi, nell’intenzione, nell’attenzione focalizzata ed estesa, nella concentrazione mentale e nell’attività vocale (cioè nel parlare), di colui che ha ottenuto una mente nobile, priva di influssi impuri, e che segue e coltiva il nobile sentiero”.
Nel Buddhismo Tibetano si legge: “Se sprechiamo questa meravigliosa opportunità che ci è offerta dalla vita umana, alla lunga avremo ingannato noi stessi. Il futuro è nelle nostre mani. Shantideva dice che in questa vita abbiamo l’opportunità, abbiamo la responsabilità, abbiamo la capacità di decidere e determinare quali saranno le nostre vite future. Dovremmo addestrare le nostre menti per far sì che le nostre vite non vadano sprecate”.
Nel Buddhismo Mahayana viene descritta la figura del Bodhisattva, di colui che “genera il bodhicitta, il pensiero del risveglio, aspirando sia al proprio che a quello altrui. Dunque il sorgere del pensiero ha la forma dell’aspirazione”.
D’altro lato abbiamo, sempre all’interno della tradizione buddhista, l’esperienza del Buddhismo Zen che individua in ogni sforzo che il nostro corpo-mente genera per la propria liberazione il prodursi di un pensiero contrario e opposto che ne impedisce la realizzazione. La via è quindi quella in cui “la volontà e la mente non possono ottenere la Verità, la realtà, l’essere. Niente di quel che appartiene alla forma, nessuna struttura o disciplina, nessuno sforzo può esser utilizzato come strumento per procurarsi, nel proprio cuore, la realtà senza forma dell’unico modo autentico di essere. Nessun fare potrà riuscirci. Solo quando avrai consegnato tutto il tuo affaccendarti, solo allora questo modo autentico di essere, che ha origine nel cuore potrà veramente esprimersi. Non si può fare per essere”.
Accanto a questi spunti provenienti dagli insegnamenti buddhisti, troviamo in India la Bhagavad Gita che vede il protagonista Arjuna, guerriero per casta, che davanti ad una impresa che avrebbe seminato sangue tra i suoi parenti decide di non-agire, di non-fare deponendo l’arco. Una allegoria della lotta dell’uomo per risvegliare la propria anima dalle contraddizioni del divenire e permetterle di trovare la comunione con il brahman, l’Assoluto, identificato in Krisna. Questi, per condurre Arjuna e per guidarlo verso le più grandi esperienze spirituali, gli trasmette l’insegnamento fondamentale dell’ “agire senza attaccarsi al frutto del suo agire” .
Fino alla Psicosintesi attuale che vede Assogioli promuovere il “Progetto volontà”, per lui, fare un atto di volontà (il retto sforzo buddhista) è decidere qualcosa, sentire che si può modificare l’ambiente esterno. La volontà non impone ma coordina, non spinge, non sforza, non condanna, né reprime, semplicemente dirige.