Tae Hye sunim, suggerimenti di pratica – febbraio ’18
Indicazioni per la pratica di Dharma, febbraio 2018: La realtà ultima
La pratica buddista si basa sull’intuizione che al di là del mondo dei fenomeni impermanenti vi è una realtà ultima, incondizionata con cui è possibile vivere in sintonia, liberandosi dal ciclo delle sofferenze. La terza nobile verità insegnata dal Buddha spiega la liberazione, e la quarta nobile verità spiega la Via della liberazione.
Il nirvana è uno stato di pace, dove la brama, l’avversità e l’illusione sono definitivamente spente. A volte possiamo avere esperienze di momenti di calma e chiarezza adamantina, una sorta di barlume del nirvana. Senza l’intuizione della dimensione nirvanica i metodi di pratica saranno solo terapie psicologiche, teorie filosofiche o etica sociale.
Negli insegnamenti Mahayana si parla estesamente della realtà ultima, che trascende ogni definizione, ma alla quale ci si riferisce con parole come vacuità, quiddità, non-nato, chiara luce, o come dimensione della Legge universale (Dharmakaya). Esiste in ciascuno di noi la possibilità della sua realizzazione – una luce interiore, detta natura di Buddha. In particolare, la scuola contemplativa (Chan / Seon / Zen) basa la pratica sull’apertura verso questa natura originaria; verso il puro Essere.
La realtà ultima risiede misteriosamente in ogni essere e in ogni universo; senza tempo, senza luogo, senza io, senza non-io. Non è Dio, che è una creazione illusoria del pensiero, ma qualcosa di più profondo, ineffabile. Quando l’ego si scioglie, siamo parte del tutto che scorre. Il maestro giapponese Bankei (1622-1693 d.c.) insegnò: “Zazen (meditazione seduta) significa una sola cosa: sedere in tranquillità nella mente del Buddha. Ma in realtà, sai, si dovrebbe guardare alla vita di tutti i giorni, nella sua interezza, come ad una specie di seduta Zen.”
Per la pratica del mese di febbraio consiglio:
1) Nella pratica meditativa lasciar andare tutte le costruzioni mentali e piano piano entrare nella consapevolezza senza scelta, un’apertura mentale che include tutto ciò che si manifesta momento per momento. Osservate il flusso delle immagini mentali e delle sensazioni nel loro sorgere, senza indulgere in critiche o apprezzamenti. Quando il senso di chiarezza diminuisce, o se cominciate a sentirvi sopraffatti dalle impressioni, potete ritornare a un oggetto specifico di meditazione (come il respiro).
2) Se è difficile mantenere la calma presenza mentale, il praticante può recitare mentalmente il mantra del Sutra del Cuore che indica “al di là” – GATE GATE PARAGATE PARASAMGATE BODHI SVAHA – o i suoi versi finali BODHI SVAHA (“il risveglio avvenga!”), e unirlo al ritmo del respiro: ispirando BODHI e espirando SVAHA.
3) Riflettere ogni tanto sul significato delle seguenti perle di saggezza del maestro indiano Tilopa (928-1009 d.c.):
“La suprema meditazione è non essere distratti.
La suprema condotta è assenza di sforzo.
La realizzazione della meta è non avere né speranza né timore.
La vera natura della coscienza è chiarezza al di là delle immagini.”
Buddha:
Monaci, esiste un non-nato, un non-divenuto, un non-causato, un incondizionato. Se non ci fosse un non-nato, un non-divenuto, un non-causato, un incondizionato, non si conoscerebbe la via della liberazione da ciò che è nato, divenuto, causato, condizionato. Poiché v’è un non-nato, un non-divenuto, un non-causato, un incondizionato, si conosce la via della liberazione dal nato, divenuto, causato, condizionato. (Udana 8:3)
(In pali: “Atthi bhikkhave ajātaṁ abhūtaṁ akataṁ asaṅkhataṁ. no ce taṁ bhikkhave abhavissā ajātaṁ abhūtaṁ akataṁ asaṅkhataṁ, nayidha jātassa bhūtassa katassa saṅkhatassa nissaraṇaṁ paññāyetha. yasmā ca kho bhikkhave atthi ajātaṁ abhūtaṁ akataṁ asaṅkhataṁ, tasmā jātassa bhūtassa katassa saṅkhatassa nissaraṇaṁ paññāyatīti”)