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Così lontano Così vicino, Incontro interreligioso a Camaldoli 8ago19

 L’8 giugno 2019 si è svolto a Camaldoli l’incontro interreligioso di Pentecoste 2019.

Ci tengo a ricordiamo che questo incontro di Camaldoli, come i precedenti,  è un momento di profonda condivisione, non tanto e non solo tra i temi letti, ma tra l’impegno che ognuno vi ha messo nel leggerli e nell’ascoltarli nel silenzio contemplativo. Con gratitudine alla Comunità che ci ha accolti. Rodolfo de La Pagoda.

Il tema, “Così lontano, così vicino”, mi ha sollevato alcune difficoltà. D’impulso risuonava la relazione atman – brahman induista o, quella più lontana, del Figlio dell’uomo.

Nel Buddhismo non c’è l’incontro, la chiamata, la rivelazione che sia ponte tra l’io e l’altro. Non c’è un Dio in cui incontrarsi nell’amore reciproco. Nel Buddhismo si percorre la strada dell’esperienza,  ciò che mi unisce all’altro è il fatto che non esisto “io”, non esiste l’io-che-separa. Tutto è l’addensarsi in vortici karmici di abitudini inveterate e consolidate, “Rodolfo” è il nome che convenzionalmente si assegna ad uno di questi vortici in cui mi identifico come una entità “reale”. Non vi è nessun percorso verso Dio, ma l’accorgersi che il tempo nasconde la sofferenza, il cambiamento è un perenne girare della ruota del samsara.

 Il tempo lineare dell’attesa diviene circolare. L’attesa si dissolve nella comprensione profonda del karma e delle onde del samsara.

 In un precedente incontro di Pentecoste avevamo fatto riferimento alla figura del Bodhisattva. Questi è ad un passo dal Nirvana, ma decide di tornare nel mondo per volgersi alla realtà sofferente immersa nel samsara, nel ciclo di nascita e morte, con cuore pervaso da grandi virtù quali la benevolenza e compassione.

 Quest’anno proponiamo l’altra faccia della medesima esperienza. Questa volta non vi è il benevolo sostegno del Bodhisattva ma ad ognuno spetta il compito di comprendere la natura dell’io e al contempo di aprirsi alla comprensione-esperienza del non-io.

 Se i vortici dell’egoismo si placano, se il vortice del mio egoismo si placa allora mi accorgo di essere un semplice aggregato di elementi (nel Buddhismo non è contemplata la presenza di un’anima eterna). In virtù di questa discriminazione si dissolvono lontananza e vicinanza. Il fiume turbolento dell’io via via si placa e giunge ad essere oceano nell’oceano. Il mio “io” si dissolve in una identità  nè lontana nè vicina, senza forma e senza spazio, ciò che il Buddhismo chiama vacuità.

 Mentre l’anelito del monoteismo è di ritrovarsi nell’intimità con Dio, l’esperienza del Buddhismo consiste nel riconoscere la forza conflittuale e divisiva del karma e dell’ignoranza che alimentano il perenne movimento della ruota del samsara. Nel Cristianesimo è l’intimità con Dio che mi fa trovare l’altro, nel Buddhismo è l’esperienza della vacuità mi permette di riconoscere che non c’è mai stata una separazione.

 

 

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