A cavallo del karma: Samsara, Maya, Avidya di Claudia Chirila n° 3
Samsara è un termine sanscrito il cui significato letterale è “scorrere insieme”, è un flusso perenne di mutamenti illusorio e impermanente.
Spesso presi dalla vita quotidiana rispondiamo in automatico agli stimoli, non ci fermiamo a riflettere sulle nostre scelte, agiamo e basta. Ma se le nostre azioni sono impure, se il nostro karma non è positivo, ci si aggroviglia nelle spirali del samsara, il nostro comportamento di conseguenza non è libero. L’obiettivo finale, secondo la filosofia yogica, è trovare un modo per uscire dalla Ruota del samsara e favorire lo sviluppo di una mente meno inquinata.
Nelle Upanishad troviamo menzionato lo spazio-tempo che gira intorno ai concetti karma-samsara-moksa. In altre parole le nostre azioni e credenze (karma) ci spingono vorticosamente (samsara) a meno che non ci riesca a prenderne coscienza e operare di conseguenza.
Nella nostra cultura occidentale sembra lecito ricercare la felicità e ritenerla una acquisizione dovuta e indiscutibile. Basti vedere, dal lato opposto, come il disagio o la sofferenza vengano vissute come una ingiusta condanna. Noi siamo permeati da un senso di eternità per cose/situazioni piacevoli e da un desiderio opposto per quelle spiacevoli. Di fatto rivolgiamo la nostra azione in entrambi i casi in una direzione permeata dall’ignoranza. Forse anche per questo il significato autentico dello yoga ci può apparire distante.
La vita (samsara) nel suo alterno scorre è persa dalla ‘perdita’, dal dolore; anche quando uno gode dei piaceri perché non ne vede il carattere passeggero. La ragione principale di questa situazione è la nostra ignoranza (avidya) sulla vera natura della realtà, che Patañjali definisce: “Scambiamo il non-eterno, l’impuro, il doloroso come eterni mentre invece è il Sé ad essere eterno e puro”.
Lo scopo dello Yoga è rimuovere questa ignoranza attraverso le pratiche fisiche e mentali/spirituali descritte negli Yoga Sutra. La meditazione si rivela forse lo strumento più importante per iniziare a intravedere l’essenza delle cose, a dispetto delle percezioni sensoriali comuni. Perché silenziando i pensieri, che nel loro moto incessante contribuiscono a renderci nevrotici e folli, possiamo ricontattare l’essenza di noi stessi.
“La vita è come una stoffa ricamata della quale ciascuno nella prima metà dell’esistenza può osservare il diritto, nella seconda invece il rovescio: quest’ultimo non è così bello, ma più istruttivo, perché ci fa vedere l’intreccio dei fili.” Arthur Schopenhauer
“Lo stare seduto in meditazione è un segno: NON VOGLIO FARMI TRASPOSTARE DAL SAMSARA! Sto qui ed osservo, lascio scorrere il fiume del samsara, sono pronto a cogliere i barlumi della liberazione. Il fermarsi ed osservare deve essere accompagnato dalle migliori intenzioni, non fare questa pratica per apparire, per mostrarsi agli altri o per paura, ecc. , se faccio prevalere il Tamas o il Rajas sul Sattva, la meditazione si inquina. Il samsara ci travolge di meno allorché cerchiamo di guardare in ogni momento quello che accade, quello ‘che c’è’ anziché costruivi sopra le molteplici fantasie della mente. Mi interrogo per esempio su ‘una’ abitudine, cerco con la pratica yoga di osservarne i nodi, di individuarne il punto debole per sgretolarlo. Mi rendo conto come i momenti, anzi ‘ogni’ momento sia ricco, gioisco per essere ’una’ manifestazione della vita che inesauribilmente scorre” Rodolfo
Così facendo ci si rende conto di quanto sia importante vivere il presente con consapevolezza! Ma poi tutto questo è accompagnato costantemente dal velo di Maya, un velo più o meno spesso di illusione, di falsa percezione della realtà, di ignoranza, di non consapevolezza, di insoddisfazione. Siamo continuamente insoddisfatti. Qualunque cosa abbiamo o otteniamo non è mai abbastanza, non è mai sufficiente per soddisfarci.
Oggi, nel terzo millennio, ancor più che ieri, ci accorgiamo con quanti volti Maya avvolga nell’illusione il quotidiano e non solo. La realtà si cela dietro a maschere che rincorrono modelli precostruiti, fantasie, sogni nella sostanza irreali. Nei nostri giorni alcuni aspetti di questa illusione possono essere le aspettative, i sensi di colpa, i rimpianti, i rimorsi e così via.
Per dissolvere il velo di Maya bisogna assumersi la responsabilità di ciò che siamo, di non fermarci alle apparenze, di non aggrapparci a punti di vista già definiti. Bisogna avere il coraggio di vedere, di vedersi, di ascoltare, di ascoltarsi in maniera obiettiva, non giudicante, qui e ora nel presente.
“E’ Maya, il Velo ingannatore, che avvolge gli occhi dei mortali e fa loro vedere un mondo del quale non può dirsi né che esista, né che non esista; perché ella rassomiglia al sogno, rassomiglia al riflesso del sole sulla sabbia, che il pellegrino da lontano scambia per acqua, o anche rassomiglia alla corda gettata a terra che egli prende per un serpente” Arthur Schopenhauer
Allora “Tra le grandi virtù che lo Yoga coltiva vi è l’appagamento, sentirsi appagati ci aiuta a riconoscere i lembi del velo di Maya. Il velo di Maya pervade sempre la nostra esistenza. A volte è più spesso e denso allorché siamo nell’ignoranza, a volte più leggero, impalpabile quando ci avviciniamo a una dimensione spirituale. Sempre e ovunque, pesante o leggera che sia, Maya ci induce a fraintendere il reale. Dapprima si fraintende la sofferenza scambiandola per felicità. Più avanti si manifesta con luci irreali che il praticante inesperto scambia per liberazione. Tutto questo si riflette nel nostro quotidiano”.
La conoscenza-vidya è la luce che può consentire di sciogliere l’ignoranza-avidya, causa di ogni sofferenza umana. Questo è il percorso da seguire per alleggerire il velo di Maya. Coltivare la saggezza è volgere la luce verso quello che accade, ma attenzione, spesso quello che accade indebolisce, fiacca e affievolisce le potenzialità della mente. La luce della saggezza va sempre riaccesa con un atteggiamento meditativo. Lungo questo cammino non è funzionale giudicarsi e condannarsi, ripiegarsi su se stessi. E’ funzionale riconoscere ciò che accade, vedere ‘ciò che vi è’ dentro ogni atto, riconoscervi altruismo o egoismo o indifferenza che sia.
Questo coraggio non egoistico affievolisce ancor più il velo di Maya. Ci si potrà accorgere che quella che era una condanna pesante e cieca, diviene il gioco del rincorrersi di luce e ombre in ogni evento della vita” Rodolfo
In quanto esseri umani siamo nati con sensi, mente e facoltà di saggezza. Normalmente non siamo consapevoli della saggezza interiore che ci guida e nemmeno degli infiniti doni e opportunità che la vita ci offre.
“La saggezza permette alla facoltà dell’intelligenza di illuminare la mente; la saggezza permette alla natura di avere la supremazia su tutte le specie, inclusi gli uomini; la saggezza permette l’esprimersi della nostra vera natura; la saggezza consiste semplicemente nel permettere”. BRI. MAYA TIWARI
Namasté
Claudia Chirila
Nella foto in evidenza la ruota del samsara è visualizzata dal maiale, il desiderio sensuale, dal serpente, la malevolenza, dal gallo dall’orgoglio e l’affermazione dell’io.