Fare finta, di Marco Lazzeri – Lo Zefiro
Far finta
“Non riceviamo una vita troppo breve, tale la rendiamo. Di essa non siamo poveri, ma scialacquatori”.
Seneca
Care amiche e cari amici,
da tempo partecipo in un gruppo di studio dove adesso stiamo leggendo il libro “I cosiddetti sani” di E. Fromm. Datato certo, della metà del secolo circa, ma parlando di alienazione dice cose che mi corrispondono anche adesso. L’alienazione di non essere più in contatto con noi, ma estraniati e determinati dal denaro, misura universale di tutto. Delle merci come del vivente, dei sentimenti come della felicità. Tutto ridotto, tutto oggettivizzato, misurabile e commerciabile, tutto in vendita per chi se lo può permettere.
Però poche cose sono davvero mie, che mi appartengono, anche se cerco di metterci del mio facendole, perché non ne dipende la mia vita che è scandita da processi a me estranei, irraggiungibili, alieni appunto. Così spesso faccio finta di vivere per apparire attraverso ciò che non sono davvero, perché c’è spesso un paracadute che mi garantisce, una sorta di garanzia sociale che allo stesso tempo mi estranea dalla mia capacità di vivere con le mie forze. Fare finta è indice di paura profonda che non conosco, ma che mi condiziona, la paura del coraggio di vivere. Ed il suo habitat è la zona di confort, dove attendo ciò che pretendo mio, senza sforzo, non accorgendomi che è questo che toglie senso.
So che non sono chiaro e scusandomi faccio un esempio per chiarire; da un po’ tempo faccio servizio in un’associazione che sostiene una piccola rete di solidarietà a livello di quartiere, scuola per bambini che sono rimasti un po’ indietro, gruppo di acquisto solidale, ambulatorio medico, proposte sociali e anche una uliveta. Ecco riguardo all’uliveta, di settecento piante, l’anno scorso abbiamo lavorato molto nella potatura, diserbo, raccolta, frangitura … ma è stato un anno sfavorevole e l’olio prodotto è stato poco, così poco che non ne abbiamo avuto da vendere e c’è stato un ammanco economico significativo per la piccola associazione che non ha avuto un ritorno per pagare nemmeno le spese vive. Ma l’olio a me comunque non manca… lo comprerò al supermercato. E stessa cosa per l’orto che se viene devastato dal cinghiale, mangerò ugualmente. Ma una volta per i contadini non era così, se la terra non dava sostentamento era carestia e fame vera. Lì non si facevano sconti, lì si piangeva.
Ecco questo adesso non c’è più, nel bene e nel male certo, ma molte delle cose che faccio non determinano la mia vita, al massimo sono un contorno e spesso faccio finta che siano importanti, decisive, per distrazione o per riempitivo o solo per immagine. E’ questo che intendo per far finta, è una situazione poco visibile, dissimulata, impercettibile. Si fa finta di fare e alla fine si fa finta di essere.
Questa è una situazione che diventa particolarmente delicata in alcune situazioni come per esempio la spiritualità, alle volte faccio finta anche lì, alle volte non ho quella determinazione, quella ricerca quasi disperata, quell’affidarmi. Meditazione si fa in tanti modi, ed è il sentire che ci metto che fa la differenza. Alle volte mi chiedo cosa mi resterà alla fine. Quando mi verrà fatto il saldo della vita, cosa mi resterà nel setaccio e cosa se ne andrà via, inutile e superfluo? Rimarrà sul fondo la pepita d’oro della vita? In quel momento non potrò fare finta, in quel momento di singolarità capirò cosa contava e cosa invece era orpello, finzione.
Mi sforzo di cercare dentro di me argomenti e sensazioni, mi sforzo di cercare un senso al giorno che nasce e che stasera finirà. Per quello che riesco cerco di ascoltare echi interiori che non so da dove provengono.
Vi ringrazio della vostra lettura e attenzione, ma questa però non è determinante per me riguardo al senso che mi dà un’attività come questa di scrivere a voi per la quale non faccio finta, forse la sola che faccio, nel tentativo di essere un briciolo di coscienza che cerca di esistere al di là del recinto, al di là del risultato, se pur decisamente modesto. L’essere non pretende il successo. L’essere è.
Grazie a tutti
Marco