Nascita e felicità – Massimiliano Foglini
Dukkha jati punappunam: la nascita è sofferenza perpetua. Per comprendere queste parole del Buddha dobbiamo capire esattamente cosa si intende per nascita. Se per nascita ci riferiamo alla nascita fisica, dal corpo di una madre, non coglieremo il vero significato dell’insegnamento buddhista.
Asmimanassa vinayo etam ve paramam sukham: la vera felicità consiste nell’eliminare la falsa idea “io”. Quindi la vera causa della sofferenza è la nascita dell’io, la falsa idea “io”, “io sono”, “io ho” e non la nascita fisica. Quando nella mente sorge l’idea “io sono” avviene la nascita, quando invece questa idea non c’è più l’ “io” cessa di esistere e quando l’idea “io” sorge di nuovo si può dire che l’ “io” è rinato. Il Buddha si riferiva a questo genere di nascita mentale e non alla nascita fisica da una madre in carne e ossa ma da una “madre” mentale fatta di brama, ignoranza, attaccamento, avversione. Molti possono essere i fraintendimenti se non capiamo il vero significato di alcuni termini che, se usati nel linguaggio comune hanno un significato, mentre riferiti ad un cammino spirituale ne assumono un altro.
Nirvana nel linguaggio comune si riferisce ad una qualunque cosa calda che si raffredda, riferito ad un risotto indica che sta diventando freddo ma se lo riferiamo alla mente, nel contesto di una pratica spirituale, indica invece quella quiete mentale derivante dall’eliminazione (raffreddamento) delle impurità mentali. Altro termine importante è vuoto (sunyata). Se è riferito alle cose fisiche significa assenza di qualunque oggetto, ma se riferito alla pratica buddhista significa che la mente è libera (vuota) da ogni concetto di “io”, “mio”.
Nella mente continueranno ad esserci tutti i suoi processi, i suoi pensieri ma saranno vuoti, cioè senza acquisitività, attaccamento, liberi dall’idea di “io”, “mio”. La mente sarà vuota di desiderio, avversione, illusione. Quando si dice che il mondo è vuoto ovviamente non si intende vuoto di oggetti, di contenuto ma vuoto di qualunque cosa possa riferirsi a “io”, “mio”. Ogni volta che sorge nella mente l’idea di “io-mio” viene in essere il samsara con tutto il ciclo della sofferenza; ogni volta che ne siamo liberi c’è il nirvana. Tadanga-nibbana tradotto dal pali vuol dire “nirvana momentaneo” e si realizza quando le circostanze esterne sono libere dall’idea di “io-mio”; prende invece il nome di vikkhambhana-nibbana quando, tramite una qualche pratica, riusciamo momentaneamente ad evitare il sorgere di “io-mio” e di nibbana quando è definitivo e totale. La nascita è sofferenza quando c’è attaccamento senza consapevolezza.
Quando ci identifichiamo con qualsiasi cosa come essere un padre, una madre, un ricco, un povero, ecc. sperimenteremo sofferenza, ma se ne siamo consapevoli non ci sarà attaccamento all’idea di essere questo o quello, sapremo semplicemente come comportarci e saremo liberi dalla sofferenza. La pratica buddhista ci stimola a non immedesimarci nell’”io-mio”, a rimanere liberi dal ruolo che abbiamo nella vita. Senza identificazione qualunque lavoro facciamo lo faremo bene e con piacere, mentre se siamo in preda all’”io-mio” tutto si trasformerà in fatica e sofferenza. Nascita è sofferenza. Quante volte nasciamo in un giorno? Quante volte ci identifichiamo in qualcosa? L’insegnamento del Buddha consiste nel mantenere la mente attenta e consapevole così da non rinascere, non identificarsi più con niente. Proviamo a far caso a quei momenti in cui siamo liberi dall’”io-mio” in maniera spontanea e cerchiamo di estenderli mantenendo accesa la consapevolezza in ogni cosa che facciamo.
Il Nobile Ottuplice Sentiero ci indica proprio questo, la libertà da “io-mio”. Retta comprensione, retto pensiero, retta parola, retta azione, retti mezzi di sussistenza, retto sforzo, retta consapevolezza, retta concentrazione. Possiamo riassumerlo in retto vivere, vivere senza attaccamenti e identificazioni, vivere senza rinascere. Tradizionalmente si parla di otto tipi di rinascita, che rappresentano otto stati mentali, otto particolari identificazioni. Nell’inferno si trova colui che sperimenta ansia, nel regno animale si trova chi è illuso, il mondo dei preta è fatto di avidità, quello degli asura è fatto di paura. Nascere come esseri umani implica la fatica del vivere mentre la nascita come divinità in paradiso comporta la libertà dalla fatica e abbondanza di piaceri sensuali. Poi ci sono i Brahma incarnati i quali hanno compreso l’insoddisfazione dei piaceri sensuali ma c’è ancora interesse alle cose materiali ed infine ci stanno i Brahma incorporei che preferirebbero non avere nemmeno il corpo. Ansia, illusione, avidità, paura, fatica, appagamento sensoriale, purezza, appagamento extrasensoriale. In una giornata possiamo rinascere anche in tutti gli otto stati mentali!
Quando la consapevolezza impedisce il sorgere dell”io-mio”, dell’idea del “sè” siamo liberi dalla nascita e possiamo vivere come si deve, con gioia. L’essenza dell’insegnamento del Buddha è la consapevolezza continua, è tenere la mente sempre libera dall’idea di “io-mio” così da sapere quale cosa sia giusta da fare e farla. Sabbe dhamma nalam abhinivesaya: non siate acquisitivi, non attaccatevi, a niente, a nessuna cosa. Qualunque cosa si possa presentare, un oggetto, un pensiero, un sentimento, un’emozione, una condizione, il risultato di un’azione, non dobbiamo considerarla come”io-mio” ma come un qualcosa che fa parte della natura e che segue le sue leggi. Non dobbiamo essere acquisitivi, non dobbiamo attaccarci a niente come “io-mio” e la conseguenza naturale sarà il nirvana, la liberazione dalla sofferenza.
“La mia vita è senza scopo, senza senso,
priva di obbiettivo, priva di significato, eppure sono felice.
Non riesco a capire. Cosa sto facendo giusto?”
Snoopy